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Il Rapporto sulla situazione sociale del Paese nel 2021

05 DIC 2021

Come la pandemia ha cambiato l'Italia: diventata più negazionista, cospirazionista e fobica.

tratto dall'articolo di Alessandra Ziniti, La Repubblica del 3 dicembre 2021.

Lo studio sulla attuale situazione sociale del Paese, effettuato dal CENSIS (l'Istituto di ricerca socio-economica istituito nel 1964), disegna un Paese impaurito e sfiduciato: fanalino di coda in Europa per matrimoni, nascite, occupazione giovanile e femminile.

Quasi due anni di pandemia hanno davvero cambiato l'Italia. Non si comprende come mai  tanti italiani gridino al complotto, allo strapotere dello "Stato profondo", di Bigpharma, della tecnologia che controlla le menti delle persone, fino ad arrivare alle teorie della dittatura sanitaria,  del negazionismo storico-scientifico, della sperimenrtazione di massa.  

E' la vittoria dell'irrazionalità a più livelli, che ha pervaso la società italiana trasversalmente, anche nelle fasce più colte della popolazione in cui la razionalità sembra aver ceduto il passo  alle teorie più infondate, ad ipotesi surreali, a toni rivoluzionari, che sono stati amplificati dalla comunicazione di massa,  mezzo potentissimo della tecnologia che - per converso - è lo strumento che ha consentito alla gente di continuare a vivere, a rimanere in contatto, a socializzare, a lavorare durante i mesi più neri della pandemia

Il ritratto dell'"Italia irrazionale" che viene fuori da questo l 55esimo rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese parte da numeri che fanno impressione: il 31,4 % degli italiani è ancora convinto che i vaccini siano sperimentali, il 10,9 % che siano inutili e inefficaci, il 5,9% ( pari a 3 milioni di persone) insiste nel dire che il Covid non esiste. Complessivamente il 12,7 % pensa che la scienza provochi più danni che benefici.

La dittatura sanitaria

"L'irrazionalità - si legge nel rapporto - ha infiltrato il tessuto sociale, sia le posizioni scettiche individuali sia i movimenti collettivi di protesta che hanno infiammato le piazze. Una irrazionalità che sembra aver fatto presa anche su chi ha un titolo di studio alto come una laurea o un master. Sei italiani su 10 sono convinti dell'esistenza di uno "Stato profondo" in cui il potere reale è nelle mani di un gruppo ristretto di potenti, altrettanti pensano che le grandi multinazionali (a cominciare da quelle del farmaco) sono responsabili di tutto quello che accade, cinque cittadini su dieci credono ad una casa mondiale di superpotenti che controlla tutto.

Le aspettative dei giovani tradite

Oggi l'Italia traina la ripresa d'Europa ma per il 66,2 % degli italiani si viveva meglio in passato. E tutti gli indicatori economici lo confermano: negli ultini 30 anni l'Italia è l'unico Paese Ocse in cui le retribuzioni medie sono diminuite (-2,9%) e questo genera una profonda inquietudine per il futuro soprattutto nei giovani e nei ceti più bassi. L'81 % degli italiani ritiene che oggi sia molto difficile per un giovane vedersi riconosciuto l'investimento di tempo, di energie e di risorse profuso nello studio. Ma soprattutto più di un terzo pensa che non sia conveniente inseguire una laurea o un master per poi ritrovarsi con retribuzioni sempre più basse e una precarietà molto lunga.

Famiglie più povere, ultimi in Ue per figli e matrimoni

Durante la pandemia, è stato il nucleo familiare a integrare o sostituire il welfare pubblico facendosi carico delle esigenze immediate. Quasi nove milioni di over 65 contribuiscono economicamente alle famiglie di figli e nipoti e 6,8 milioni di giovani ricevono soldi da genitori e nonni, laureati compresi. Il patrimonio degli italiani si va riducendo. Uno scenario che, durante la pandemia, ha modificato in maniera rilevante le strategie familiari. I progetti di vita che prevedono la costituzione di una famiglia sono sempre meno diffusi e procrastinati nel tempo: meno matrimoni e meno nascite. E' il cosiddetto inverno demografico: negli ultimi cinque anni la popolazione si è ridotta di 900.000 persone, il numero dei residenti è ormai sotto i 60 milioni. Il numero dei nati (6,8 ogni 1.000 abitanti) è il più basso dell'Unione europea, così come quello dei matrimoni (3,1 ogni 1.000 abitanti). La stragrande maggioranza di famiglie che pensavano di fare un figlio nel 2020 o nel 2021 hanno rinviato o rinunciato definitivamente.

La fragilità di giovani e donne

Così sfiduciati, i giovani italiani pensano che i gangli decisionali del potere in Italia siano in mano a persone troppo anziane e la precarietà lavorativa ha un impatto molto alto sul clima di fiducia verso lo Stato e le istituzioni: il 58 % degli italiani non si fida del governo, tra i giovani la percentuale sale al 66 %.

L'Italia è fanalino di coda in Europa anche per l'occupazione femminile: durante la pandemia più di 420.000 donne hanno perso il lavoro, il tasso di attività femminile è al 54, 6 %, ultimo tra i Paesi della Ue lontanissimo dall'80,3 % della Svezia. Un gap aggravato dalla mancanza di servizi e di welfare che ha costretto durante la pandemia le donne a farsi carico dei figli.

La paura delle donne

Tre donne su 4 (il 75,8%) hanno paura di camminare per strada e prendere i mezzi pubblici la sera (per gli uomini la percentuale è del 41,6%) mentre l'83,8% teme i luoghi affollati (il 66,4% tra gli uomini). Nonostante le denunce per reati di genere siano diminuite negli ultimi venti mesi di emergenza sanitaria, l'anno scorso sono state uccise 116 donne, 99 delle quali in ambito familiare o affettivo, 67 per mano del partner o di un ex. Nell'anno del Covid-19 le donne chiuse in casa hanno avuto più paura, tanto che sono cresciute in maniera esponenziale le richieste di aiuto: si sono registrate 31.688 chiamate al numero verde 1522 (+48,8% rispetto al 2019.

La riscoperta della solidarietà

Ma una nota positiva c'è in questa società pervasa dall'irrazionalità ed è la riscoperta dei legami di comunità e del valore della solidarietà. Un terzo degli italiani si è impegnato in prima persona nell'emergenza sanitaria, con raccolte di fondi e attività in associazioni di volontariato. E nel giudizio sulla gestione dell'emergenza da parte delle istituzioni prevale una valutazione positiva con il 56,3 % degli italiani che la considera adeguata alla complessità della situazione.

 

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